L’illusione del cambiamento ne Il Gattopardo

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Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896–1957) è stato un nobile e scrittore siciliano. Visse un’esistenza piuttosto appartata e il suo capolavoro, Il Gattopardo, fu pubblicato postumo nel 1958, dopo essere stato rifiutato da vari editori. Fu Giorgio Bassani, con Garzanti prima e Feltrinelli poi, a riconoscerne il valore.
L’opera ha avuto un impatto enorme nella letteratura italiana del Novecento ed è oggi considerata un classico.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con Il Gattopardo, ha lasciato uno dei ritratti più lucidi e amari della trasformazione sociale italiana durante il Risorgimento. Ambientato in una Sicilia sospesa tra il vecchio e il nuovo, il romanzo racconta il tramonto dell’aristocrazia attraverso lo sguardo malinconico e disincantato del Principe di Salina. Il brano scelto per l’analisi descrive l’ingresso di Angelica Sedara nella dimora del Principe: una scena emblematica che rivela l’avanzata di una nuova classe sociale e il mutamento, più apparente che reale, del potere.

Angelica è il simbolo della borghesia emergente: bella, intelligente, calcolatrice, rappresenta il futuro che avanza. Tancredi, con la sua celebre frase «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi», incarna l’adattabilità opportunistica: pur essendo aristocratico, sceglie di allearsi con il potere nascente. Il Principe, invece, osserva la scena con una lucidità malinconica. Sa che la nobiltà è ormai un’ombra del passato, ma intuisce anche che i nuovi arrivati non porteranno un reale cambiamento, bensì solo un nuovo volto al potere.

Il tema centrale è quello del cambiamento apparente. L’ascesa di Angelica e della sua famiglia non è una rivoluzione, ma una sostituzione di ruoli: i nuovi ricchi prenderanno posto nei palazzi nobiliari, senza modificare in profondità la struttura sociale. Tomasi di Lampedusa ci presenta una Sicilia immobile, dove l’unica vera costante è il passaggio ineluttabile del tempo. Il romanzo è anche una riflessione sull’inevitabilità della decadenza, sul potere della bellezza e dell’apparenza, e sulla fine di un mondo che ha perso la sua funzione storica ma non la sua eleganza.

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